Tanti sono i soprannomi, praticamente uno per paese o frazione dalla Valsassina alla Val d’Esino alla Val Varrone e alla Riviera, per un unico frutto, la castagna fatta seccare per poi essere bollita, un tempo cibo comune nelle case nel corso dell’inverno e oggi prodotto che compare sempre più spesso nelle proposte dei ristoratori e dei pasticceri che amano riscoprire e rielaborare le ricette della tradizione. Nate dalla necessità di conservare il più a lungo possibile quello che non a caso era considerato il «pane dei poveri», le castagne secche un tempo facevano capolino, insieme a una arancia e qualche noce, tra i doni che i bambini trovavano la mattina della festa di Natale sul camino. Ciò che tuttavia distingue le castagne peste da altre forme di consumo delle castagne come i peladèi o i famosi biligòcc, è il metodo di preparazione.
Dopo l’essicazione, che in passato avveniva semplicemente stendendole al riparo sulla lobbia e smuovendole di frequente, le castagne venivano private della buccia esterna e della sottile pellicola pelosa interna attraverso la pestatura (di qui il nome di castagne peste) in pile di pietra o legna, con l’ausilio di un grande pestello anch’esso di legno, oppure battendole, raccolte in un sacco di canapa, su un ceppo coperto di stracci. Si passavano quindi al setaccio per liberarle dai residui e si riponevano a conservare in luogo riparato.
Se queste operazioni, ancora tramandate in alcune zone, nel corso del tempo sono state semplificate, ancora oggi non cambia la ricetta: si mettono le castagne secche a mollo nell’acqua per almeno 12 ore e poi vengono bollite a lungo con un pizzico di sale e, talvolta, un po’ di alloro o semi di finocchio. Sono ottime consumate da sole accompagnate da un po’ di brodo denso e dolce della loro stessa cottura, ma ogni paese, come sempre accade, ha le sue varianti più o meno elaborate. Così le castagne secche vengono cotte con aggiunta di latte o di vino e un pizzico di cannella. Ma c’è chi le cuoce con zucchero e cognac e chi unisce, durante la cottura, qualche pugno di riso (le castagne secche bollite vengono schiacciate grossolanamente con la forchetta, si uniscono al latte e vengono d nuovo portate a ebollizione con l’aggiunta di riso) per preparare una sorta di minestra o per ottenere, dopo una passata nel forno, una specie di delicato budino. In un piatto dolce tipico le castagne secche si cuociono insieme ai fagioli e, una volta asciugata l’acqua, si aggiungono burro, pepe, n po’ di cannella e la panna fresca. Si rimesta il tutto con il tarel e quando l’impasto è ben amalgamato si gira la pentola sulla basla ottenendo un dolce dalla forma di una polenta. Altrettanto tipica è la preparazione che si ottiene semplicemente distribuendo le castagne secche in una coppetta con qualche cucchiaio della loro acqua di cottura, un po’ di latte e panna montata a piacere. Insomma, tanta fantasia per un prodotto povero e antico eppure ancora così apprezzato.
testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it
Questo testo contribuisce al progetto Il paesaggio culturale alpino su Wikipedia ed è distribuito dalla Comunità Montana Valsassina Valvarrone Val d’Esino Riviera con Licenza Creative Commons Attribuzione – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale