Ne erano consapevoli gli abitanti della pianura che cercavano di salvaguardare il diritto di vedere le montagne lontane all’orizzonte. In particolare a Milano da secoli era proibito costruire edifici che superassero in altezza il campanile più alto della città, ma il buon governo austriaco nel XVIII secolo aggiunse il divieto di edificare nella zona nord palazzi che togliessero la vista dei monti a chi passeggiava lungo i bastioni.
Nelle giornate limpide i milanesi potevano ammirare l’inconfondibile piramide del Monviso stagliarsi all’orizzonte, o i ghiacciai del Monte Rosa accendersi alla luce del tramonto, però il Monviso, il Monte Rosa e la cupola nevosa del Monte Bianco erano lontani, irraggiungibili ai più.
Il vero spettacolo ai milanesi lo offrivano i profili famigliari delle cime delle Prealpi e delle montagne della dorsale Orobica: le Grigne, il Pizzo dei Tre Signori, ma soprattutto il Resegone, la cui vista era ritenuta così importante da far chiamare quella norma “Servitù del Resegone”.
Erano montagne vicine. Nelle giornate di vento sembravano
lì a portata di mano. A qualcuno cominciò a venire la voglia di portare i piedi dove gli occhi erano già stati mille volte e di calpestare quelle linee che calamitavano lo sguardo.
La stessa cosa era già successa centinaia di anni prima a Leonardo Da Vinci, che non si era limitato a ritrarre i profili nei disegni oggi conservati nel castello di Windsor, ma aveva voluto andare ad esplorare quei giganti azzurri che vedeva all’orizzonte.

Tratto dal libro
ALPINISMO PIONIERISTICO TRA LECCO E LA VALSASSINA
di P. Buzzoni, G. Camozzini, R. Meles – ed. Bellavite
www.fotostoriche.valsassina.it
www.valsassinacultura.it

Questo testo contribuisce al progetto Il paesaggio culturale alpino su Wikipedia ed è distribuito dalla Comunità Montana Valsassina Valvarrone Val d’Esino Riviera con Licenza Creative Commons Attribuzione – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale