Sulla sponda orientale del Lario, a Varenna, monache fuggiasche dall’Isola Comacina avevano fondato un cenobio, nel XII secolo. Papa Pio V lo soppresse nel 1567 ed i Mornico di Cortenova ne fecero la villa Monastero. Una vicenda che merita qualche accenno. Ancora oggi il Lario, verso la punta di Bellagio, rinnova immutato nei secoli il suo spettacolo, dalle arcate del «Monastero» di Varenna. A questo luogo pienamente s’addice il distico del longobardo Paolo Diacono: «In te è sempre primavera, poiché sempre fiorisci nelle verdi zolle; poiché vinci il freddo in te è sempre primavera». Luogo ideale, dunque, di elevazione spirituale. E infatti Bettino da Trezzo, nella sua quattrocentesca «Letilogia» fa cenno a «la gentil varena» «dove per acquistar vita serena le Moniale hano corpo silicioso». Le monache cistercensi, arrivate a Varenna con gli altri profughi dall’Isola Comacina che era stata distrutta dai Comaschi nel 1169 (la prima notizia documentale su questo monatero è però del 1204), erano dunque soggette a disciplina molto rigida e a vita penitente, fino a portare il cilicio («han corpo silicioso» dice Bettino). Ma dopo qualche tempo si fecero un po’ birichine, tanto che all’annuncio di una visita di Carlo Borromeo pensarono bene di rendersi latitanti sperando di schivare il castigo. Il cardinale, con lettera del 22 novembe 1566, comunicava al podestà di Bellano l’invio dell’abate di Sant’Ambrogio «per provedere a i disordini di quel Monasterio di Monache». Carlo Marcora, in «Memorie storiche della Diocesi di Milano», scrive che «tutto si accomodò bene e presto» con la soppressione del monastero di Varenna e il trasferimento delle monache a quello di Lecco. Il breve di unione venne emesso da Pio V il 20 gennaio 1567. E San Carlo il 5 febbraio poteva incaricare il suo vicario Ormaneto d’informare il Papa che esso era stato eseguito. Il nobile Paolo Mornico di Cortenova ne fece la deliziosa Villa Monastero, al tempo stesso luogo di cultura, scienza e storia. Di cultura perché al suo interno sono conservate alcune importanti collezioni d’arte raccolte dai proprietari nei secoli scorsi. Di scienza perché già negli anni cinquanta del Novecento (esattamente dal 1953) illustri scienziati compresi alcuni premi Nobel (Heisenberg, Powell, Amaldi, Fermi, Natta, Teller, Sandulli, Valeri, Caldirola) vi tennero lezioni. Di storia infine, perché le sue origini risalgono al XII secolo quando al posto della villa si trovava un semplice monastero di suore cisterciensi. I Mornico la trasformarono in una prestigiosa dimora che venne più volte rimaneggiata sino ai restauri della seconda metà dell’Ottocento voluti da Carolina Maumary, cognata dell’allora presidente del consiglio Massimo d’Azeglio. Ancora oggi Villa Monastero si affaccia sulle sponde del Lario in tutto il suo splendore: architettura preziosa, arredi d’epoca, molte opere d’arte e uno splendido parco che si estende sino a Fiumelatte con i vialetti che digradano verso il lago, altissimi cipressi e molte specie di piante esotiche. Grazie ad un accordo tra la Provincia di Lecco (che ne è diventata proprietaria) e il Cnr (Centro nazionale delle ricerche) il complesso, sede di convegni e centro studi di elevato livello, ospita un’istituzione di carattere scientifico.
testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it
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