Nei trecenteschi Statuti valsassinesi, al capitolo 5, si stabiliva che «vicarius seu rector dicte Valli et Montium» avesse il potere di nominare suoi vicari «in Talegium et Averariam». Le valli di Taleggio e d’Averara, nel bacino del Brembo, si eran date propri Statuti nel 1358 (prima di quelli di Valsassina da noi conosciuti, quindi), «ad honorem Magnifici et Excelsi Domini Domini Bernabovis Vicecomitis Mediolani» – ristampati nel 1980 in Monumenta Bergomensis con unite al testo latino la versione lombardo-veneta del 1487 e la versione italiana del 1788 – ma di fatto erano associate alla Valsassina, insieme alla Valtorta, sia nel civile sia nell’ecclesiastico.

Dopo la pace di Ferrara del 1428, però, mentre il confine dell’Adda nel tratto da Calolzio a Trezzo era diventato praticamente definitivo tra ducato di Milano e repubblica veneta, incertezze e contestazioni vivaci erano insorte per la zona montana dove le valli bergamasche si contrappongono alla Valsassina, oltre che per alcune località vicine alla «Chiusa» di Lecco. Nemmeno dopo la pace di Lodi del 1454 le cose si chiarirono: essendo stata la Valsassina riconosciuta milanese, si sostenne che dovessero rimanere al duca anche le terre bergamasche che erano state della Valsassina. Soltanto nell’agosto del 1456 si raggiungeva un accordo con il quale si stabiliva che Pizzino, la Valle Averara e la Valtorta rimanessero a Venezia, cui restava pure quella parte della Val Taleggio sulla quale la repubblica aveva esercitato dominio fin dalla pace di Ferrara del 1428. Al duca di Milano restava l’alta Val Taleggio e segnatamente i territori delle parentele degli Arrigoni, Rognoni, Amigoni, Quarteroni, con le terre di Cantolto, Manterga, Lavina, Vedeseta, Avolasio e Prato Giugno. Restavano anche al duca di Milano la Valle di Morterone e Brumano, e tutti quegli altri luoghi che già teneva nel territorio di Lecco.

Gli uomini di Valtorta, cioè di un antico feudo dei Vescovi di Milano, non si mostrarono affatto felici di essere separati dalla Valsassina e protestarono. Così, quando sul finire del gennaio 1457 le parti entrarono in possesso dei territori reciprocamente assegnati, il duca di Milano dovette scrivere ai «dilecti nostri» di Valtorta per consolarli e invitarli a prestare «fidelitate et hommagio» ai nuovi governanti «subito et volunteri et de bona voglia, senza difficultate et retardanza veruna»; ciò per fare cosa grata a lui e per «la felice et commune nostra pace». A prendere possesso di Valtorta, riferisce Giuseppe Arridono in Notizie storiche della Valsassina, i Veneziani inviarono un Battistimo Olmo, il 25 gernnaio; subito dopo la gente del luogo ebbe il permesso di reggersi con Statuti propri, emanati il 6 maggio successivo. L’Arrigoni dice ch’erano una copia di quelli di Valsassina.

 

testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

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