Eugenio Vinante è tecnicamente molto preparato oltre che decisamente coraggioso.
Da qui la scelta di tentare la prima ripetizione invernale della via Fasana alla Parete Nord del Pizzo della Pieve. Una salita del genere ancora oggi incute un certo timore anche al più preparato alpinista, figuriamoci nel 1935, quando il concetto di salite invernali era appena stato codificato. A questo va aggiunto il sinistro alone che circondava la parete dopo il tragico tentativo di Cattaneo e Veronelli del 1931.
Grazie al nipote Gianpaolo che ci ha dato la possibilità di pubblicare i diari di Eugenio, possiamo lasciare la parola direttamente ad Eugenio Vinante che ci racconta sia i preparativi che l’attuazione
della loro grande impresa.

Dal diario di Eugenio Vinante: I TENTATIVI E COME ABBIAMO VINTO LA PARETE FASANA INVERNALE NEL PIZZO DELLA PIEVE (Gruppo delle Grigne)
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L’ultimo percorso fu di trenta trentacinque metri, quando finalmente raggiunsi l’ultimissima cresta della vetta, dopo di che mi raggiunse Bruno. La neve cadeva incessante, fittissima, ed il vento soffiava con tanta violenza che scarsamente ci permetteva di rimanere in piedi. La gioia e la soddisfazione regnavano visibilmente nei nostri occhi pienamente soddisfatti della conquista e desiderosi di altre prossime e più dure scalate. Era esattamente la una del 28 Gennaio. Abbiamo impiegato in questa non comune impresa ben quattro giorni e quattro notti consecutive con l’aiuto di quindici chiodi da ghiaccio e diciassette da roccia.

Si chiude qui il racconto di Eugenio Vinante e, purtroppo, anche la sua attività alpinistica. I congelamenti che aveva riportato ai piedi lo costringono ad un ricovero e all’amputazione delle dita del piede. Le fotografie scattate nel periodo di degenza nell’Ospedale di Milano lo ritraggono con le stampelle, ma con il volto deciso e sicuramente determinato a ricominciare ad andar per monti.
Non andrà così.
L’intervento chirurgico non dà esito positivo.
Nonostante il “Corriere della Sera” avesse seguito con puntuali articoli la sua scalata e il settimanale “Il Popolo di Lecco” del 2 febbraio 1935 abbia celebrato con un lungo articolo l’ascensione invernale di Vinante e Cacciamognaga, della loro impresa sembra essersi persa ogni traccia.
Nel 2005 Pietro Buzzoni, impegnato nella ricerca e nella ripetizione delle vie storiche nell’area Sasso dei Carbonari; Sasso di Sengg; Sasso Cavallo per la stesura del libro “Calcare d’autore”, ripete la via Vicenza sul Sasso di Sengg e scopre una bella linea, aerea e coraggiosa, con un passaggio che Vinante aveva definito di VI+A1 e che oggi, a suo parere, potrebbe essere classificato di 6b. Incuriosito dal personaggio ripete anche le altre vie di Eugenio e scopre che si trattava sempre di salite dimenticate, ma di grande valore tecnico ed estetico.
Buzzoni è sempre più interessato a questo alpinista dimenticato e, navigando in rete, scopre che il vicentino Eugenio Vinante è stato insignito dalla sua città di un’onorificenza (il Millenium) per meriti alpinistici, per aver salito la Via Fasana sul Pizzo della Pieve nella stagione invernale del 1935. Riesce a far inserire la notizia su Lario Rock Pareti 2011.
A distanza di quasi ottant’anni dalla prima salita invernale, in una domenica di settembre del 2014, si provvede ad un parziale risarcimento del furto di verità accompagnando Gianpaolo e sua figlia Emma all’attacco della via. Un chiodo, piantato da Vinante sul quarto tiro della via Vicenza al Sasso di Sengg e recuperato da Pietro Buzzoni, li accompagna nel loro ritorno a Vicenza.

Tratto dal libro
ALPINISMO PIONIERISTICO TRA LECCO E LA VALSASSINA
di P. Buzzoni, G. Camozzini, R. Meles – ed. Bellavite
www.fotostoriche.valsassina.it
www.valsassinacultura.it

Questo testo contribuisce al progetto Il paesaggio culturale alpino su Wikipedia ed è distribuito dalla Comunità Montana Valsassina Valvarrone Val d’Esino Riviera con Licenza Creative Commons Attribuzione – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale