La definizione di «area protetta» ha subito forti cambiamenti nel corso degli ultimi anni: il concetto di vincolo ha infatti lasciato spazio ad una visione più costruttiva e stimolante, che peraltro non coinvolge nella pianificazione delle risorse unicamente gli aspetti «naturalistici». Si sono così delineate le condizioni per rilanciare la Comunità Montana, soprattutto in ottica turistica, con una serie di iniziative atte a sviluppare in modo sostenibile il territorio. Il parco regionale della Grigna, che copre un’area di 5.548 ettari interamente inclusi nel territorio della Comunità Montana Valsassina, rispecchia queste scelte. La delimitazione comprende territori dei Comuni di Cortenova, Esino Lario, Parlasco, Pasturo, Perledo, Primaluna, Taceno e Varenna. E anche qui, come per il Pian di Spagna, c’è una storia che vale la pena raccontare.
Nel 1881 si celebra a Milano il quattordicesimo congresso degli alpinisti italiani. I delegati del Club Alpino Italiano (Cai) vengono invitati a partecipare ad una cerimonia destinata ad entrare nella storia dell’alpinismo lombardo. A 1800 metri di quota, sul versante settentrionale della Grigna settentrionale (Grignone), nella zona nota al mondo scientifico per gli studi del presidente della sezione milanese del Cai, l’abate e geologo lecchese Antonio Stoppani, viene inaugurata la Capanna di Moncodeno. E’ il primo rifugio su quelle che, nei decenni successivi, diventeranno le montagne più popolari della Lombardia, le Grigne. I primi escursionisti milanesi, tra viaggio di avvicinamento, ascesa, discesa e rientro, per «fare» la Grigna impiegavano quattro giorni. Nel 1899 la Società Escursionisti Milanesi (Sem) apriva ai Piani Resinelli il primo rifugio di quest’altra zona della montagna, imitata pochi anni dopo (1908) dalla Società Escursionisti Lecchesi (Sel) e nel 1911 ancora dalla Sezione di Milano del Club Alpino Italiano. Era stata sempre quest’ultima, nel 1895, a costruire la Capanna Grigna Vetta in cima al Grignone, poi ampliata e dedicata a Luigi Brioschi. Ai Resinelli la vecchia «Capanna Escursionisti Milanesi» è poi diventata il Rifugio Sem Eubole Cavalletti ed è oggi il Rifugio Genzianella, quella dei lecchesi è diventata il Rifugio Sel Renzo Rocca e Umberto Locatelli. Entrambe le strutture hanno assunto caratteristiche alberghiere mentre a mantenere più spiccati tratti di rifugio alpino è il «Carlo Porta» del Cai di Milano, sia per la localizzazione ai piedi delle creste della Grignetta nel punto più elevato (1426 metri) dei Piani Resinelli, che per l’ampio bosco circostante. Il bosco, così come il terreno sul quale sorge il rifugio, fu donato alla sezione del Club Alpino da Carlo Porta, nipote e omonimo del grande poeta milanese. Al donatore, e non al poeta, è dedicata il rifugio la cui inaugurazione, il 22 ottobre 1911, fu salutata dalla rivista del Cai che esaltava le caratteristiche di una struttura in grado di «offrire un soggiorno comodo e piacevole agli amanti della montagna e far conoscere al maggior numero possibile di persone lo splendido panorama del gruppo delle Grigne». E’, questa del panorama della Grignetta, l’attrazione dei Piani Resinelli. «Svelta, dritta, snella, sfida le nuvole, delle quali ha quasi il colore – scriveva Mario Cermenati della Grignetta, agli inizi del Novecento, raccontando le bellezze naturali dei dintorni di Lecco – e contemplata da certi punti ha tutto l’aspetto del Duomo di Milano». L’accostamento non è arbitrario: le innumerevoli e bizzarre guglie, gli speroni rocciosi, le creste appuntite danno davvero alla montagna il profilo della cattedrale ambrosiana. Quelle pareti rocciose continuano ad esercitare il loro fascino sugli alpinisti che qui hanno tracciato vie sempre più ardite e affinato le loro tecniche facendo della Grignetta una popolarissima scuola di roccia. E di escursionismo, per molteplici itinerari che salgono su per la montagna da ogni direzione, sfruttando, alle diverse quote, almeno una dozzina di rifugi. Li tocca praticamente tutti il Sentiero delle Grigne, l’anello con partenza e arrivo a Pasturo, lunghezza di pochi chilometri superiore a quella della classica maratona, ma quote mozzafiato. Il Sentiero delle Grigne è teatro dell’omonima gara internazionale di skyrace, che tocca entrambe le cime, creste e valichi, in un continuo saliscendi.
«Lagrignia e piu alta montagnia chabbi questi paesi» annota Leonardo da Vinci nel Codice Atlantico, assicurando di avervi visto «cose fantastiche». E le Grigne, tra Lario e Valsassina, danno ragione al grande visitatore al quale non saranno sfuggite le marmitte dei giganti nell’alveo del torrente Meria, il fenomeno carsico con le spettacolari doline dei monti Albiga e Fopp, il circo di Moncodeno con la ghiacciaia dovuta a deposito carsico di neve e ghiaccio di rigelo che forma stalattiti e stalagmiti e da cui derivano le acque sotterranee che sfociano nella grotta del Fiumelatte poco a sud di Varenna, e l’anfiteatro dell’Alpe di Campione. A cominciare dalle caratteristiche stesse della montagna, l’unica della Lombardia dove, in pochissimi minuti, si può passare da una spiaggia mediterranea, solare, in riva al Lario, a un ambiente tipicamente alpino, oltre i duemila metri di quota. Le caratteristiche carsiche del territorio e il lavorio delle acque hanno fatto il resto, dando luogo a fenomeni naturali di grande rilevanza e a un patrimonio unico di leggende. Come quella del Passo dello Zapel, dominato dalle pareti del Pizzo della Pieve. Quando incombe il temporale e il vento soffia tra pareti, forre, conche e canaloni, si crea uno strano effetto sonoro di lamenti. La leggenda vuole che siano i gemiti dei pastori condannati a vagare per l’eternità tra queste sterili pietraie, una volta pascoli così pingui e floridi che i pastori non osservarono il precetto festivo, meritandosi il castigo divino.
Il Sentiero delle Grigne, al quale fa da guida l’omonimo volume, è ideale per «andar per monti». E quelli di Pasturo offrono uno spettacolo accattivante, soprattutto nei mesi estivi quando i pascoli sono in piena attività e facile è l’approccio con gli armenti, le greggi, i pastori e la loro tipica attività. Nella seconda metà del Cinquecento, Paride Cattaneo della Torre descriveva la «grassa terra di Pasturo, per il fertile territorio, per li monti et per la grande moltitudine delli bestiami d’ogni sorte». L’abate Antonio Stoppani, tre secoli più tardi, parlerà di «terre feraci le quali vanno debitrici all’antico ghiacciajo della loro feracità e amenità», inducendo così l’autore di «Una passeggiata dilettevole e istruttiva nel circondario di Lecco» a ricordarci che qui il «territorio è abbondante di pascoli, vi si allevano grosse mandre di vacche bergamine, e si fanno eccellenti formaggi». Ancora oggi è così e il piacere, per il palato, è veramente grande.
Il versante opposto della Grigna domina quasi per intero il ramo lecchese del Lario, con Varenna e la Val d’Esino. In alto la cresta sommitale, con la vetta del Grignone; ai piedi delle ultime bastionate rocciose il sentiero tra i Rifugi Rosalba, Elisa, Bietti, Bogani; più in basso, quasi in riva al lago, la medioevale Strada del Viandante. Qui sono i fiori i veri protagonisti del paesaggio nel periodo in cui la natura è al massimo del rigoglio. Un modo per addolcire l’asprezza della montagna dove, dopo il valico in Val d’Esino, la discesa per la valle dei Mulini riporta in Valsassina.
testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it
Questo testo contribuisce al progetto Il paesaggio culturale alpino su Wikipedia ed è distribuito della Comunità Montana Valsassina Valvarrone Val d’Esino Riviera con Licenza Creative Commons Attribuzione – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale