La rinata Comunità, che già nella fase di gestazione – negli anni sessanta del Novecento – giustamente rivendicava l’eredità di un fiero passato e popolazioni unite da secoli di storia comune, da costumi profondamente simili, da economie parallele, da numerosissimi legami familiari, ha attratto in sé anche la «riviera» che non era parte dell’antica. Ma è bene sia stato così, perché il lago nel quale bagnano il piede le montagne di Valsassina, il lago nel quale si versano le acque scendenti dalle sue valli – che vi hanno formato le costiere con i material depositati nei millenni – è bello, opportuno e giusto faccia una cosa sola con la Valsassina, completandone con realistica naturalezza l’immagine. Anche in passato, del resto, il Lario era considerato «il lago di questa valle»; i Valsassinesi, anzi, vi avevano un accesso diretto, a Olivedo, di là dalla foce dell’Esino, un luogo detto altresì Molvedro che vien da «Molo vetro», molo vecchio.

In Varenna e Monte di Varenna Vittorio Adami ricorda che «Giovanni Antonio Rozonus, commissario delegato dal governatore dello stato di Milano Ferrante Gonzaga, con decreto in fata 28 settembre 1548 proibisce, sotto pena di gravi multe, al comune di Varenna di esigere il dazio sulle merci sbarcate alla riva di Olivedo o Molvedro da parte degli uomini del Monte di Varenna, perché questa spiaggia formante confine era di diritto del monte di Varenna e cioè della Valsassina». Lo stesso Adami informa su una lunga contesa accesasi nel 1661 tra il feudatario di Valsassina Giulio Monti, che a Olivedo aveva iniziato la costruzione di un nuovo molo, e il Conte della riviera che intendeva impedirgliela considerando la riva nella propria giurisdizione. Un arbitrato del Gran Cancelliere stabilì tra l’altro che fosse «lecito al detto signor Conte di Valsassina proseguire e perfetionare la fabrica del porto principiato».

testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

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