Dici bottarga e subito pensi alla Sardegna o alla Sicilia. Ai loro mari cristallini e alle loro spiagge dorate. Inevitabile: è qui, su queste coste, che prima i fenici e poi gli arabi diffusero l’usanza di salare e stagionare le uova dei muggini, da utilizzare poi come condimento per altri cibi. «Non ricordo di aver mangiato niente di più squisito», annuncia, a metà del Quattrocento, Bartolomeo Platina nel «Piacere onesto e della buona salute». Il resto è storia della cucina. Insomma, una vera ghiottoneria tramandata di padre in figlio e diventata oggi un prodotto esclusivo. Ma la tradizione non è limitata solo ai pesci che popolano le acque del Mediterraneo. La bottarga, nei secoli, ha preso piede anche sulle sponde dei laghi. In Lombardia è tipica del Lario, dove generalmente si produce con le uova di lavarello. Come? Si comincia in primavera con la raccolta delle uova (che avviene anche in autunno): le sacche ovariche dei lavarelli vengono svuotate una a una (sono molto più piccole rispetto a quelle delle specie di mare e quindi non consentono di ottenere la cosiddetta bottarga insaccata); quindi si aggiunge sale, un pizzico di zucchero e qualche spezia. Si passa, infine, all’essicazione e alla pressatura. Il risultato è la classica tavoletta confezionata sotto vuoto (mentre la bottarga autunnale viene, abitualmente, conservata in vasetti di vetro). Viene tramandata così una tradizione che affonda, anche sul Lario, le proprie radici nella notte dei tempi: «I pesci del Lario – sottolinea l’ittiologo Ettore Grimaldi – rappresentano cibo dalla preistoria, il rapporto tra loro e la popolazione locale dura da secoli». Vale anche per la bottarga fatta con il lavarello mischiato a volte con uova di agone e trota. Raramente, invece, viene utilizzato solo l’agone, il cui gusto è più intenso, ma leggermente amarognolo. Un piatto povero che, grazie al suo sapore deciso – ma non così intenso come quello delle bottarghe di mare – ha trovato molto impiego in cucina dove si utilizza con suo abbinamento più tradizionale: gli spaghetti.
testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it
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