In fondo la struttura è ancora quella di una volta, quando alla baita del piano di Sasso Rotondo, sopra Primaluna, salivano i villeggianti di Nava per comperare il latte appena munto e i formaggi freschi. Erano gli anni quaranta del Novecento. E al vecchio edificio, di proprietà della famiglia Manzoni sin dai primi del Novecento – inizialmente si trattava di una stalla con alpeggio – gli anni cominciavano a pesare: il tetto da rifare, qualche cedimento di troppo. Fu allora che la SAOAS, Società Alpina Operaia Antonio Stoppani, decise di ristrutturarlo: la stalla venne trasformata nella sala da pranzo, nel locale per il latte si ricavarono la cucina e la cantina, nel fienile le camere e il bagno. All’esterno restò tutto come prima, o quasi. Con quell’architettura rustica che contraddistingue tuttora il rifugio. A proposito: a chi si riferisce il nome? Si tratta di un alpinista di prestigio, Giovanni Riva, soprannominato «Sora» per la sua somiglianza con l’alpino che aveva partecipato alla spedizione Nobile al Polo Nord, e rimasto vittima di una caduta mentre scalava l’Ago Teresita in Grignetta il 14 luglio 1935. Nato a Lecco il 28 febbraio 1906, Giovanni Riva si era ben presto distinto per la sua abilità in parete. Non a caso era amico di Riccardo Cassin, con cui portò a termine la prima salita dello spigolo nord del Sigaro in Grignetta, e di altri arrampicatori del calibro di Comi e Dell’Oro che ben presto avrebbero fondato i famosi Ragni di Lecco. Un’ultima curiosità: a ombreggiare il rifugio c’è un faggio monumentale, di oltre 150 anni. La cornice ideale per questo ricovero che ha mantenuto un’atmosfera d’altri tempi.

 
testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

 

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