Il rifugio Bocca di Biandino fu inaugurato il 2 ottobre 1932. Costruito su progetto dell’ing. Giulio Amigoni e l’assistenza dell’arch. Mario Ruggeri, dalla ditta Ferdinando Pomi di Vimogno, per iniziativa di un gruppo di lecchesi cui rimase la proprietà, fu dato in gestione alla SEL (Società Escursionisti Lecchesi). E proprio sulla rivista mensile SEL del dicembre 1932 leggiamo quanto segue: «La lunga e riposante conca di Biandino, così bella con le sue acque e le sue nevi; con le rosse chiazze dei rododendri e delle dafne ed i verdi e snelli abeti che agili si rincorrono sui fianchi della valle sino a Cobbio ed alla dorsale guardante dall’altra parte verso il Cimone di Magno, necessitava di un rifugio. Un rifugio che fosse base invernale per gli sciatori desiderosi di godersi questi bei campi pianeggianti o di salire a quelli più alti e meno facili di Camisolo, troppo lunghi a raggiungere in una sola tappa, specialmente se notturna come avviene di solito. Il lungo falsopiano di Biandino, dalla Bocca sino al lago di Sasso è l’ideale pei novizi dello sci. Ma può accontentare anche più d’un provetto sciatore, che potrà poi attaccare le groppe che per Cobbio o Sasso raggiungono il nostro Rifugio Grassi e lassù deliziarsi nella vastissima conca scendente da Camisolo alle grandi baite sulla strada di Valtorta. E se non sarà soddisfatto ed avrà tempo e lena bastante, potrà dirigersi verso le suggestive zone del lago d’Inferno e più avanti ancora di quello magnifico di Pescegallo. Ma anche per la stagione estiva era necessario questo rifugio, comodissimo a raggiungere in breve tempo da Introbio, cosicché invoglierà certamente a conoscere la regione tanti villeggianti della Valsassina. Le vigilie estive sfollerà un poco il Rifugio Grassi, che in tante occasioni si dimostra troppo piccolo. Sia lode dunque a chi l’ha costruito, compiendo un atto di fede nella montagna. Perché un rifugio moderno – in questi posti dove manca la folla spendereccia degli sfaccendati e degli escursionisti d’occasione, usi a frequentare rifugi e campi sciistici, unicamente dove s’arriva coll’auto – non può certo rimunerare il capitale richiesto, tutt’altro che indifferente. Ma tant’è. Chi l’ha costruito ha voluto realizzare un vecchio sogno generoso e compiere – ripetiamo – un atto di fede. La SEL, assumendone la gestione, ha inteso continuare nell’esplicazione del suo programma di valorizzazione delle nostre valli, delle nostre Prealpi e di propaganda sana e schietta per l’avvicinamento della montagna. Così tutti hanno compreso, attraverso le brevi parole del nostro presidente, l’orgoglio della SEL per questo nuovo rifugio, che se non è di sua proprietà, fa però parte della sua famiglia ed è certo la più bella della sue case alpine. Tutti hanno misurato nelle sue parole il nuovo impegno morale che la SEL si assume con la gestione del nuovo rifugio, per continuare sull’antica via della montagna, dove non si conoscono soste ed arresti, perché sulla montagna, come nel nascosto travaglio della natura, tutto continuamente si rinnova».
Primo custode fu Pasquale Rigamonti detto Pianel (di Introbio) che con la moglie Annetta gestiva anche il Rifugio Grassi in Camisolo. Nel 1940 la costruzione fu venduta, dalla società proprietaria, all’avv. Arrigoni di Introbio, la cui famiglia, nella persona dell’avv. Giovanni, ne conserva tuttora (1992) la proprietà. Con tale cessione anche la SEL lasciò la gestione del rifugio, che continuò a conduzione privata.
Nell’ottobre del 1944, per i noti eventi bellici nel contesto della lotta partigiana la costruzione fu rasa al suolo, come furono rasi al suolo i rifugi della SEL. Il Bocca di Biandino negli anni 1948-1950 risorse solido ed efficiente come prima. La gestione venne assunta da Francesco Tantardini, cui seguì Cesarino Buzzoni il quale, nel 1960, lo lasciò per salire al Rifugio Grassi al Camisolo. Dall’1 settembre 1960 il rifugio venne gestito da Maddalena Rigamonti, appartenente all’antica famiglia dei Folat , gente che ha sempre contato e fatto molto per lo sviluppo di Biandino. Hanno condotto per decenni il rifugio Madonna della Neve, attiguo alla chiesetta. Il padre, cavaliere del re, e il nonno di Maddalena – si vede anche la scheda Giovanni e Giuseppe Rigamonti le nostre prime guide alpine – conoscevano questi monti, che percorrevano nella loro qualità di negozianti di bestiame, meglio delle loro tasche e spesso venivano anche chiamati a dirimere e risolvere questioni inerenti proprietà e confini. Il nonno, tra l’altro, perfezionò il sentiero che sale al Pizzo dei Tre Signori e ne costruì il “caminetto” risolvendo un antico ostacolo. Infatti, una lapide, posta proprio nel “caminetto” pochi metri sotto la croce della vetta, così recita:
RIGAMONTI GIUSEPPE
FOLAT
GUIDA DEL CAI
NEL 1890
AI MAGNANIMI DELL’EXCELSIOR
SEGNAVA QUESTA VIA PIÙ ARDITA
PER ATTINGERE LA FELICITÀ DELLA VETTA
testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it
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