Il gruppo ligneo della Pietà conservato nella prima cappella a sinistra della chiesa di Santa Marta a Bellano è formato da nove figure a grandezza naturale, otto databili entro il primo quarto del Cinquecento e la nona, rappresentante con tutta probabilità Nicodemo, aggiunta in un secondo momento in un periodo a cavallo del 1600. Il gruppo originario di otto figure è opera certa di Giovanni Angelo Del Maino (notizie dal 1496 al 1539) misconosciuto e geniale scultore pavese della prima metà del XVI secolo, autore di grandi ed importanti ancone lignee conservate a Como (1514), a Morbegno (1516-1518) e ad Ardenno (1536).

Il confronto più convincente per l’attribuzione della Pietà di Bellano a Giovanni Angelo è con il grandioso gruppo della Crocefissione conservato nel transetto sinistro del Duomo di Como che sappiamo portato a termine nel 1515 e che è stato attribuito per la prima volta al Del Maino dall’Arslan nel 1953. Un altro gruppo ligneo sempre rappresentante la Pietà, opera certa dello stesso autore, è conservato in provincia di Pavia nella chiesa di Sant’Eusebio a Gambolò.

Grazie all’esemplare lavoro di Eugenio Gritti a Bellano, ancora una volta un gruppo ligneo, come tanti altri riportati alla luce dallo stesso restauratore, è ritornato alle migliori condizioni di lettura storica e critica.

L’alta qualità delle statue di Bellano, già evidente prima dell’intervento di ripulitura dai numerosi strati di ridipintura, è maggiormente leggibile oggi che le sculture hanno ritrovato la loro cromia originaria. Da ricordare a questo proposito la grandiosa ancona dell’Assunta a Morbegno, dipinta da Gaudenzio Ferrari e Fermo Stella tra il 1520 e il 1524. Il gruppo di Bellano con tutta probabilità è da identificare con quello ricordato nel testamento del sacerdote Giovanni Maria Rusconi di Morbegno del 21 gennaio 1518. Non sappiamo come il gruppo, già ricordato nel gennaio 1518 e quindi terminato entro l’anno precedente, nel periodo in cui lo scultore pavese stava eseguendo l’ancona di Morbegno, sia giunto a Bellano dove è citato solo in anni tardi. Comunque una collocazione cronologica intorno a questi anni sembra molto convincente.

Studiato con maggiore attenzione il gruppo rivela la presenza di due mani o almeno di due tendenze diverse: una decisamente di stampo classicista, da confrontare con i modi del Briosco e del Bambaja, evidente nelle sculture rappresentanti San Giovanni, la Maddalena e nel gruppo centrale Cristo e la Vergine; l’altra decisamente più espressionista, legata ai modi della contemporanea arte tedesca, nota non solo attraverso le incisioni ma con tutta probabilità a seguito di un viaggio all’estero, che si ritrova nel gruppo centrale nella figura della pia donna di destra, nell’uomo in piedi col turbante e nella pia donna che piega le ginocchia. L’altra figura di donna inginocchiata, che doveva in origine sorreggere la testa del Cristo, partecipa di entrambe queste tendenze. Che si tratti della presenza del fratello Tiburzio ricordato dalle fonti e completamente ignoto alla critica?

testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

 

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