Ai piedi del Resegone sul versante opposto a quello lecchese, in una verdissima conca contornata da valli che si rincorrono l’un l’altra, tutte raggiungibili sino al loro culmine con sentieri o comode mulattiere, si trovano i gruppi di case che compongono il paese di Morterone. Il Foppo, Olino, la Forcella, Forcelletta, la Bruga, Tesoi, i Pradelli, Campelli, il Bosco, la Foppa, la Costa, Medalunga, Carigone, la Fraccia, il Centro, Costa dei Muli, la Fornace e altri, indicano le varie località che formano la vallata, e sono insediamenti abitativi soprattutto nella stagione estiva. Già dal loro numero si può immaginare la vastità del territorio.

Un capitolo a parte nelle località merita Frasnida che già nell’anno 1350 era nucleo abitativo di alcuni dei 350 abitati di quel tempo. Le splendide case rustiche in pietra che pur acciaccate in qualche nascosto sostegno ancora oggi si ergono maestose, risalgono al 1600. Dal punto di vista architettonico esse presentano i caratteri volumetrici e strutturali tipici di analoghe costruzioni dell’epoca in Val Taleggio ed in Valle Imagna che, nell’insieme, hanno contraddistinto una vera e propria isola culturale alle falde del Resegone e nelle propaggini attigue. Di essa faceva parte anche Morterone che era collegato sulle creste con le due valli dai valichi del Culmine di Palio e del Culmine di San Pietro.

Osservando le case di Frasnida non può sfuggire che esse sono state costruite solo con materiali reperiti sul posto: le pietre cavandole dai fondali del torrente Remola, i legnami tagliandoli nei boschi che ancora oggi occupano i pendii circostanti. L’elemento inconfondibile nelle architetture è il tetto. L’abbondante presenza di pietra calcarea ha contributo alla diffusione delle tipiche coperture in piöde (lastre dello spessore di circa 7-8 centimetri) che per il loro peso non potevano essere semplicemente appoggiate alle travi del tetto, ma dovevano piuttosto essere incastrate l’una sopra l’altra. Il risultato finale è molto scenografico ma, per sostenere l’enorme peso, a ridosso di muri e spioventi vengono inseriti tronchi d’essenza forte, incurvati, invisibili dall’esterno, Strutture ricavate da faggi, roveri, carpini e castagni, forzati a crescere inflessi mediante tecniche attente, praticate con anticipi di trenta, talvolta quarant’anni rispetto al giorno dell’utilizzo. La funzione statica di questi poderosi pilastri lignei ricurvi, due per ogni campata e in posizione di reciproco contrasto, può venire considerato preannuncio primordiale, e pure efficace, dell’arco gotico a sesto acuto. Le finestre minuscole fino ad apparire poco più che feritoie per difendersi dal freddo ed i balconcini in legno che sembrano quasi un ornamento, conferiscono alle strutture abitative un senso di leggiadria. Accentuata anche dal fatto che nelle linee essenziali sono edifici che esprimono comunque una precisa razionalità nemmeno tanto elementare visto che i costruttori hanno scelto di ricercare in altezza la soluzione più idonea ed efficace ai problemi dell’abitabilità. E tale propensione verso l’alto, bilanciando le forti masse murarie, rende più aerea la loro complessiva possanza.

testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

 

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