Di derivazione greca è il nome di Dervio, ma Cesare Cantù nella «Grande illustrazione del Lombardo-Veneto» sostiene che «non può essere terra antica, poiché è piantata sul ventaglio formato dai trasporti alluvionali del Varrone»; non va più in là di un «pittoresco» per il castello «accampato sull’orlo de’ burroni». Paolo Giovio, del resto, dice solo che in certi campi «situm est Delphium» che sul monte vicino mostra un vecchio castello. E Sigismondo Boldoni gli tien dietro: «In edito arx vetusta visitur», in alto si vede una rocca vetusta.

Qualche parola in più troviamo in una guida ottocentesca per il Lario, dedicata ai turisti tedeschi dallo svizzero Georg Leonhardi: «Sul ciglio di un’alta roccia sorge l’antico castello di Dervio, che all’epoca feudale dominava gran parte del lago ed era giudicato inespugnabile».

Nel riferire di un assedio subito nel 1040 da parte dei Pievesi, Giuseppe Arrigoni nelle «Notizie storiche della Valsassina» presenta il luogo in questo modo: «Siede il castello di Dervio allo stretto ingresso dalle valle di Varrone sopra un orribile precipizio, alle cui profonde radici rumoreggia il fiume di tal nome. Domina esso grande tratta del lago, e l’entrata della valle difendeva. Forte sito era a quei tempi, e si teneva ben provvigionato e munito; ora è fatto albergo di scoiattoli e barbagianni, e sulle sue brulle muraglie serpeggia l’ellera, l’ellera amica delle decrepite cose». «Il torrione – osserva lo Stefanoni – è fiancheggiato da case e da avanzi di antiche torri e fortilizi con aperture ad arco tondo».

testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

 

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