Dopo che Federico Borromeo era passato in pastorale visita sul monte della Colmine – con l’ansia che la sua gente non inselvatichisse nelle cose divine («ne hi monticolae in re divina silvescant») – San Pietro alla Colmine fu eretto canonicamente in parrocchia dal Cardinale Cesare Monti, nel novembre 1649. In Porpore sacre nella verde Valsassina Egidio Meroni dice che a stento furono racimolate le rendite per il beneficio a cui mancava il beneficiato.

«È una parrocchia sui generis, più unica che rara, che funziona soltanto nei mesi estivi», osserva Carlo Alberto Crippa in Uomini e cose della Valsassina. Fra questi parroci «stagionali» è ancor vivo ricordo di monsignor Carlo Figini, lecchese, preside della Facoltà teologica milanese, che per molti anni durante le vacanze si ritirò sul monte a fare il pastore dei «bergamini». Lo stesso Crippa offre anche la notizia che alla Colmine «un tempo l’unica osteria era alloggiata nella casa parrocchiale».

Allora non era poi del tutto irriverente Giovanni Pozzi quando nella sua Guida alle Prealpi di Lecco del 1883 raccontava che alla Colmine di San Pietro «oggidì havvi un paretaio, una bella estensione di prati con alcune baite, ed una casa che d’estate è abitata dal prete, il quale, fumando la sua pipa, vende dei litri di vino». Segnalava inoltre che c’era «una chiesuola misera e umile», e che «in tempi remoti questo passo era occupato da un castello, del quale oggidì non vi son più nemmeno le vestigia». Pure il Cantù, nella Grande illustrazione del Lombardo-Veneto, riferisce che «la Colmine aveva un castello», soggiungendo che «nel 1790 contava 762 abitanti, soli 97 nel 1828», e che «è la più piccola parrocchia della diocesi milanese», con un curato che vi dimora soltanto d’estate «quando cioè vi stallano i mandriani».

testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

 

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