Sul Monte di Muggio oggi si sale comodamente con una strada asfaltata che da Casargo attraversa dapprima le frazioni di Indovero e Narro formanti insieme parrocchia. Essa venne staccata – con decreto dell’arcivescovo di Milano Stefano Nardini, in visita nella Valsassina nel maggio del 1472 – da Margno, antica cappellania curata nella pieve di Primaluna. Racconta Egidio Meroni in «Porpore sacre nella verde Valsassina» che al nuovo parroco fu imposto l’obbligo di invitare alla festa patronale di San Martino il parroco di Margno e di dare due libbre di cera, una a Margno e l’altra all’Arcivescovo.
Paride Cattaneo della Torre nella «Descritione della Valsassina» segnala che da Casargo «pigliasi la via salendo verso il monte dalla destra parte venendo verso mezzogiorno lontano dalla valle un miglio per selve, boschi et prati passando, a Indovero si perviene. Evi una chiesa di Santo Gottardo Vescovo, de anticho hano un alta torre et ancorché sia mezzo distrutta rende bella mostra di se per esser in luogho eminente. Si passa una valletta et poi alla chiesa di Santo Martino passando per un miglio lontana da Indovero, si ritrova la villa di Naro. Questa terra di Naro altre volte era delli nobili Torriani, pi fu in successo di tempo lasciata alla chiesa prepositurale di Primaluna convenendosi con detto capitulo del preposito et canonici di dare per decima ogni anno in perpetuo undici moggia l’anno di formento et segale, obbligandosi poi il detto capitulo di far un elemosina per le anime deli sudetti nobili Torriani de uno staro de pane cotto, tutti li giorni della quadragesima, ogni anno in perpetuo et così doveria questa villa essere totalmente soggetta a detto capitolo di Primaluna. Hanno qua una chiesuola di santa Brigida et una di Santo Rocho ed è habitata da certi di Adamoli, de Passetti et de Gancelli».
La chiesa parrocchiale di San Martino, già catalogata nel «Libert Notitiae Sanctorum Mediolani» del XIII secolo, è collocata in posizione isolata a metà strada fra i due nuclei abitati, mezzo miglio preciso per parte. Si dice – lo riferisce Carlo Alberto Crippa in «Uomini e paesi della Valsassina» – che le misure furono prese con una corda, per cui questa chiesa è chiamata anche «chiesa della corda». Della struttura primitiva della stessa chiesa rimane qualche traccia soltanto nel campanile, nel quale Oleg Zastrow ha rilevato motivi romanici facendolo risalire all’undicesimo secolo (ne ha scritto in un saggio sull’arte medioevale in Alta Valsassina apparso in «Rivista archeologica di Como» n. 158). La chiesa attuale è invece frutto di una riedificazione cinquecentesca e di successivi rimaneggiamenti. Era stato San Carlo durante la visita del 1566 a sollecitare, come riferisce Arsenio Mastalli nel quarto volume delle «Memorie storiche della Diocesi di Milano», la ricostruzione della chiesa mutando «il suo stato, cioè fare la porta grande dove hora è l’altar maggiore et transferir esso in altar maggiore dove hora è la porta grande». Il Borromeo tornò per la consacrazione il 18 agosto 1582; l’Arrigoni afferma, nelle «Notizie storiche della Valsassina, che San Carlo «ad istanza dell’Oblato Marco Aurelio Grattarola di Margno, il giorno 18 (agosto 1582) salì ad Indovero, a consacrarvi la chiesa di S. Martino, e, vestito degli arredi vescovili, con una scala a piuoli ascese sul campanile per benedir le campane, che non si potevan calare». Sulla facciata della chiesa di Indovero e Narro un’epigrafe del 1637 ricorda la venuta di Carlo Borromeo.
Ai tempi di San Carlo oltre alla chiesa parrocchiale «comune» esistevano, come esistono tuttora, chiese particolari in ciascuna frazione: San Gottardo in Indovero, Santa Brigida e San Rocco in Naro. Quest’ultimo piccolo oratorio secondo lo Zastrow «non dovrebbe essere molto anteriore alla metà del XIV secolo». E’ stata recuperata parte di un affresco votivo datato 4 agosto 1418; un altro frammento d’affresco sembra allo studioso di data ancor anteriore.
Faceva parte infine di questa parrocchia, e ancor si conserva, un sacello sul monte a 1392 metri, dedicato all’Ascensione e a S. Ulderico. Nel 1579 San Carlo aveva emanato il seguente decreto: «Per essere questa chiesa nello stato che si trova al presente, piccola, rovinosa et indecente, non vi si celebri più messa. Però desiderando il popolo farvi celebrare messa lma riedifichi di nuovo più grande, facendo l’altare verso oriente declinando un poco a settentrione in modo che la fronte d’essa chiesuola sia verso il monte et si puotrà fare il frontespizio senza muro ma serrato con buona grate o cancello di legno decente accioché la moltitudine del popolo qual non potrà capire dentro della chiesa possa vedere la messa di fuora…». Quanto alle origini dell’oratorio di S. Ulderico c’è diversità d’interpretazione di una frase scritta nel «Liber notitiae»: «In die ascensionis domini, in valle saxina, loco narro veneratur ecclesia beati gualderici martiris»; lo Zastrow ne trae testimonianza per dire che la chiesetta di S. Ulderico è almeno anteriore alla fine del XIII secolo. Gualberto Vigotti invece, in «La Diocesi di Milano alla fine del secolo XIII», deduce semplicemente che nella chiesa di S. Brigida in Narro i faceva memoria di un beato Gualderico, «certamente longobardo», nella festa dell’Ascensione, prendendo da ciò spunto per rilevare l’antichità del suo culto. In ogni modo lo Zastrow nella sua accurata indagine sull’arte medioevale in Alta Valsassina assicura che in S. Ulderico sul Monte di Muggio, nonostante i rifacimenti del passato e i «restauri» recenti con abbondanza di intonacature, sono ancora leggibili parti romaniche che consentono di inquadrare il nucleo più vetusto dell’edificio nell’ambito dell’undicesimo secolo.
Notiamo, per curiosità, che nel 1571 Indovero contava 21 fuochi con 117 anime (fra esse «9 pegorari, 11 mazadri, 1 molinaro, 3 lavoranti e 3 pazzi») mentre a Narro i fuochi erano 29 e le anime 65 (con «7 scagniari, 9 mazadri, 2 testori, 1 negotiatore, 1 fante publico, 1 murador, 1 feraro, 1 magniano, 1 libraro, 4 pazzi et due matte».
Quando s’andava a piedi Fermo Magni spiegava ai lettori della sua «Guida» che «sulle pendici del Muggio si trova l’Alpe di Intelco (m 1212) al quale si arriva per le Cascine Ronchetti e la mulattiera che da Indovero va al Pizzo Sasso Nero (m 1240). Da Somadino si sale ad Intelco passando per le Cascine di Lognina. Da Intelco, continuando verso il Sasso Nero, troveremo a sinistra un sentiero che sale all’Alpe Chiaretto (m 1503). Rimontando poi la costa che scende a formare il bellissimo piano di Giumello (m 1547), sul quale troveremo anche il conforto di un rifugio alpino, toccheremo la vetta alla Croce della Marianna (m 1791)». La strada carrozzabile mette il Giumello alla portata di chiunque, con i pascoli lì intorno, con il lago che si spalanca in basso appena muovi qualche passo per un sentiero pianeggiante oltre l’alpe di Chiaro, con il grande cerchio delle montagne che scopri a pezzo a pezzo girando l’occhio, con la Valle che ti si dispiega sotto, solcata dalla Pioverna, anche con il «conforto del rifugio alpino» che c’è ancora e vanta, ma sì, diciamolo, una cucina come si deve. Alla vetta del monte poi ci sono poco più di duecento metri ancora in altezza; quando il terreno è innevato ci si arriva vicinissimi con una sciovia per poi buttarsi giù per i 650 metri della bella pista (anche la cima del Muggio, infatti, è stata offerta allo sport invernale, forse ultima fra le molte stazioni sciistiche di Valsassina).
testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it
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