Sentimenti diversi può suscitare il mutare dei momenti, quali erano cantati da Giovanni Bertacchi. Ora così:

E il dì lieto splendea sulla ridente
Immensità delle valli e dei monti,
Come un inno di gloria alto e possente,
Dai liberi orizzonti;

altra volta in questo modo:

Ma in un diffuso nembo
di fioche trasparenze il sol cadente
là giù s’indugia; sembra l’occidente
il nebuloso lembo
d’una terra di sogni,
a cui tende la mesta anima assorta,
come profugo uccel che ad una morta
riva del mondo agogni.

E quando ci si affaccia dal limitar d’un ciglione del monte alzato sul Lario, che si mostra improvviso giù in basso come un abisso d’azzurro dal quale sale soltanto un silenzio pieno d’incantesimo, i dolci versi di Giacomo Zanella appaiono in una luce di verità:

Sei bello, o Lario! Dagli aerei gioghi
che i castagni coronano, lo sguardo
innamorato per la molle china
scende al cerulo letto, ove ti stendi
come in una culla di fior.

Così si capisce come, nel 1842, dal Lario, Ignaz Heinrich Karl von Wessenberg, teologo tedesco ma che aveva per madre una contessa Thurm-Valsassina, quindi con lontane ascendenze valsassinesi, potesse declamare: non c’è lago più bello! Chi non si sente rapito alla vista dei suoi incanti?:

Keiner doch von allen See’n
Ist wie diesel da so schön!
Wer hann seine Zauber seh’n
Und davor entzückt nicht steh’n?

Da questo o da quel punto poi le visioni cambiano. Diceva giustamente e con notevole efficacia di parola e d’immagine Carlo Amoretti – lui se ne intendeva avendo percorso tutte le nostre contrade, or sono due secoli, prima di compilare il suo Viaggio ai tre laghi Maggiore, di Lugano e di Como e ne’ monti che li circondano – in un componimento in versi d’ambiente lariano:

Là volgeremmo al tripartito Lago
Lo sguardo instabil per lo mobil piano,
Spettacol sempre variato e vago
Presso e lontano.

Ma è quando il sole incomincia a calare all’orizzonte per lasciare avanzare l’ombre della sera che si sente il fascino del racconto poetico di Carlo Del Teglio:

Del biondo crepuscolo l’ora
dolcissima volge dai cieli
sul Lario che già trascolora…
S’attenuano i lampi a la stesa de l’acque,
candente colata d’argento al meriggio;
la luce, già logora, sopra
vi stempera un vago rossore,
ma un velo che tremola appena,
sì che l’inquietudine s’ode morire
in placidi lagni a le sponde.

Il Lario or è una coppa d’ametista
colma d’abbrividenti attese. Tace
l’onda, vapori cinerini in cielo
fra sponda e sponda ondeggiano, ed il cuore,
nel pio silenzio che preludia al varco
della luna da’ monti di turchese,
per la ferita sanguina un suo puro
rivo d’essenza musicale, aroma
che addormenta il suo male,
come ogni sera.

Antonio Stoppani ci ha lasciato, fra moltissimi altri, uno scritto avente per tema Il sentimento della natura e la Divina Commedia. È un’operina minore m importante perché le si deve riconoscere una capacità di spingere verso l’autore della Commedia anche quanti abbiano forse solo uggiose reminiscenze dantesche d’origine scolastica. In questo testo il lecchese Stoppani cita un pensiero filosofico dell’amico Antonio Rosmini, dal Saggio sull’Idillio: «La bellezza delle cose non è tale se non a chi la percepisce; e la capacità di percepirla s’accresce coll’arte, cioè coll’osservare e col meditare». «Valsassina la bella» Carlo Del Teglio in una sua poesia ha chiamato questa terra; osservando e meditando, come insegna il Rosmini, potremo sempre confermarci nel convincimento che il titolo è ben meritato.

testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

 

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