Non soltanto i Manzoni danno lustro a Barzio. Con loro si accompagnano gli Arrigoni, che hanno nella beata Guarisca la gemma della loro casata; si allineano i Fondra, fieri del loro blasone baronale meritato con l’industria del ferro; stanno in buona compagni i Sacchi, gloriosi del loro Giovenale (1726-1789), sacerdote, religioso e docente, il quale seppe unire il magistero allo studio profondo e all’indagine erudita della teoria musicale, che lo fecero musicologo apprezzato ed amato nel mondo dei dotti.

Egli vide la luce in Milano, ove suo padre era giunto da pochi anni per aprirvi uno studio notarile, mentre teneva ancora la amministrazione del Comune di Barzio. La metropoli ambrosiana gli diede i natali, ma il suo sangue è barziese, scendente dai «magnanimi lombi» della nobiltà lombarda, dichiarata nella «Matricula» di Ottone Visconti. Discepolo dei Barnabiti, ne abbracciò la Regola; insegnante di lettere per un quarantennio, si applicò con innata passione alla teoria musicale, affrontandone i problemi più discussi che seppe risolvere o prospettare in rinnovata luce.

Le pagine di Eugenio Cazzani «Giovenale Sacchi. Gloria italiana di ceppo barziese» pubblicate nel 1980 testimoniano il suo lungo magistero, condotto con amabile bontà e competenza d’umanista a Lodi e a Milano, e illustrano la sua attività prodigiosa nelle lettere e nella musicologia. I suoi componimenti letterari e i suoi trattati musicali gli diedero fama, gli procurarono l’amicizia dei dotti, gli ottennero riconoscimenti accademici e, lui ancora vivo, un ritratto nella quadreria del liceo musicale di Bologna. In tempi di generale scadimento per la musica chiesastica, ne tentò la riforma, richiamando i compositori e gli esecutori alle norme e al magistero del grande Benedetto Marcello.

Quest’uomo piissimo ed umanissimo, dotato di acuto ingegno e di bontà sconfinata, brillò nel suo Ordine fra le stelle più splendide del suo tempo: il matematico ed astronomo Paolo Frisi, il geologo Ermenegildo Pini, il grecista e latinista Francesco Fontana, poi cardinale, confratelli ed amici a lui carissimi per tutta la vita. L’intellettualità ambrosiana, incarnata in Pietro e Alessandro Verri, Giorgio Giulini e Giuseppe Parini, gli fece onore e ne ambì l’amicizia. L’arte l’ammirò con Giuseppe Franchi, uno dei migliori scultori neoclassici in Lombardia, il quale l’immortalò in un busto marmoreo. La poesia lo contemplò con gli occhi d’Ippolito Pindemonte, che l’annoverò, con Francesco Maria Zanotti, amico del nostro, e Gaspare Gozzi, fra i letterati illustri del suo tempo.

testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

 

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