L’oratorio dell’Immacolata, già di Santa Maria del Disciplini, con una statua marmorea della Vergine sulla facciata, donata dai fratelli Lizoli nel 1579, conserva diverse tele seicentesche, fra le quali una Madonna del Rosario con San Domenico, recentemente attribuita al Recchi, e una Madonna col Bambino e San Rocco, opera di un seguace del Morazzone, proveniente dall’oratorio di San Rocco.

Significative note sono riportate dal carteggio conseguente la visita dei delegati Cermenati e Pessina nell’anno 1569. La chiesa è denominata «Santa Maria dei Disciplini» e in essa, è detto, esiste una «certa» confraternita dei Disciplini. Longitudinalmente l’edificio sarebbe stato di circa 7,7 m e, trasversalmente, di circa 4,75: più che di una chiesetta, si potrebbe quindi parlare di un sacello. Sulla parete sinistra sono dipinti i Misteri della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. La chiesa è ripartita al centro da una tela dipinta, sulla quale sono raffigurate le immagini della Vergine e dei Disciplini. Tale pittura su tela esiste tuttora ed è conservata all’interno dell’oratorio dedicato all’Immacolata.

Gli atti della visita pastorale di Carlo Borromeo nel 1582 forniscono alcuni altri dati circa la «chiesa di Santa Maria dei Disciplini di Santa Maria». Non vi è il presbiterio e l’aula è tutto coperta da un semplice tetto composto da tavole lignee; l’altare è di forma regolare, con la pietra sacra e la mensa in legno. Vi è una piccola icona con l’immagine della Beata Vergine dipinta con eleganza e bellezza. Le divise dei confratelli sono bianche, contrassegnate da una croce rossa. Le pareti laterali sono basse e sul fronte vi è una finestra dalla quale si può assistere alla messa.

Altre trasformazioni sono documentate negli atti della visita del cardinale Federico Borromeo (1608) fra cui la più consistente è l’avvenuta edificazione del presbiterio. Gli atti della visita pastorale dell’arcivescovo Federico Visconti (1685) registrano altri cambiamenti tra i quali la copertura a volta e il coro dietro l’altare. L’oratorio mariano aveva quindi ormai assunto, di massima, le sue forme attuali.

testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

 

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