Nel Cinquecento Paride Cattaneo Della Torre poteva dire, occupandosi di Barzio: «In questa terra vi sono molte belle case, habitationi et alloggiamenti nobili assai»; e tra le famiglie che vi risiedevano in quel tempo nominava già quella dei Manzoni. Una delle case dei Manzoni di Barzio, del ramo al quale è appartenuto l’autore dei «Promessi Sposi», deve la «simpatica notorietà», come sostiene il Borsa in «Barzio», non a questo antecedente storico o all’ampia e bella sala a terreno frescata alla Settecento, bensì al fatto «di aver dato i natali a Tranquillo Baruffaldi, campione della virtù valsassinese fra i Mille». La lapide a fianco della porta, infatti, celebra il garibaldino Baruffaldi, la cui famiglia fu imparentata con i Manzoni. La nobiltà dei Manzoni era documentata in un’epigrafe sepolcrale con insegne gentilizie che si trovava nella chiesa di Barzio davanti all’altare della Madonna del Rosario, dell’anno 1585. Il testo è dato dall’Orlandi in «Famiglie della Valsassina». Palazzo Manzoni che fu dei discendenti di Pasino, cioè della linea di Alessandro lo scrittore, è appartenuta fino ad anni non lontani alla parrocchia di Barzio che ne aveva fatto un centro di vita culturale. Poi è passato al comune, che vi ha trasferito la sede municipale non venendo però meno, complice anche la presenza della civica biblioteca, alla destinazione culturale individuatavi dalla parrocchia, quasi un riscatto del passato lontano, quando i Manzoni furono tiranni oppressori del popolo valsassinese. Lo Stoppani, in «I primi anni di Alessandro Manzoni», ne ricorda la discendenza da una famiglia patrizia venuta a Barzio dalla Valtaleggio agli inizi del Cinquecento, e richiama una lettera di Massimo d’Azeglio nella quale si accenna al prepotente feudalesimo di questi Manzoni, «saliti a tal grado di potenza e di prepotenza che, piccoli Caligola della valle, esigevano su per giù dai loro sudditi quell’omaggio, non solo alle loro persone, ma al loro cane, che il tiranno di Roma voleva si prestasse al suo cavallo. Quei montanari difatti, quando passavano davanti a casa Manzoni, erano obbligati a levarsi il cappello, ossequiando la bestia nell’atto stesso con queste parole: «Reverissi sciòr cà!». Ancora in oggi – prosegue lo Stoppani – quando la Pioverna infuria, si ode qualche Valsassinese ripetere un antico proverbio, degno della poesia orientale: Cuzzi, Pioverna e Manzon minga intenden de resòn». I Cuzzi erano di Primaluna, evidentemente potenti e prepotenti quanto i Manzoni. Di quest’ultima famglia Andrea Orlandi assicura che fu quella che toccò in Valsassina il massimo splendore di potenza finanziaria e sociale. Fu il giureconsulto Pietro Antonio a stabilirsi definitivamente al Caleotto di Lecco, nel 1708, dove da Alessandro, suo figlio, nacque nel 1736 don Pietro Manzoni, notaio collegiato di Milano, padre di Alessandro creatore di Renzo e Lucia.

 

testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

 

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