Una raccolta interessante di arredi, costumi, attrezzi da lavoro e immagini fotografiche, e tanto altro ancora, costituisce il museo etnografico di Premana, illustrazione minuziosa di questo microcosmo così unico sulla montagna lombarda. Le caratteristiche del museo etnografico premanese sono tutte scritte nella sua origine: una sorta di scrigno della memoria della comunità. Le macine per mulino ricordano gli impianti che sul Varrone riducevano in farina la segale e la fraina. La ricostruzione di una «casine» allinea tutte le attrezzature per la lavorazione del latte dal quale si ricavano burro, ricotta e formaggio d’alpe, oltre a una specialità di esclusiva locale, la «mascarpe pegade», brutto (a vedersi) e saporitissimo prodotto caseario a base di ricotta. Vi sono attrezzi agricoli e per uso zootecnico, strumenti per la lavorazione della carne, una macchina per la cernita delle castagne e poi tutta una serie di «mezzi di trasporto»: basti e gerle di diversi tipi perché tutto doveva essere portato a spalla. Fa tenerezza, in particolare, un gerlo con la culla sovrapposta, «ol fastel», che le mamme usavano per portarsi apprezzo i figli in fasce quando andavano nei boschi o sui pascoli. Non meno attraente è la presentazione della vita casalinga di ogni giorno. Anche i semplici mobili domestici si costruivano artigianalmente in paese e le sedie erano impagliate con steli di segale. Sono in mostra assieme ad un’ampia dotazione di attrezzi per la casa, compresi quelli che esprimono il senso di religiosità di questa gente, come la recita del rosario nella quale si faceva scorrere una corona con grani formati da ossi di serpi. Le attrezzature per filare e per tessere introducono ad un altro grande «capitolo» del museo, quello dell’abbigliamento, che a Premana ha caratteristiche tutte proprie. Spiccano il «coton» e il «morel» che possiamo considerare il modello feriale e il modello festivo del costume femminile sul quale si inserisce l’elemento più prezioso, la «pezze», la pettorina finemente lavorata e decorata con motivi floreali. Poi c’è il grande capitolo della produzione ferriera, plurisecolare visto che il museo conserva un documento del 1574 che «fotografa» il paese documentando la presenza di 4 spadari, 3 ferari e 40 fabbri su un totale di 108 fuochi (famiglie). Diversi esempi di lavorazione dei metalli sono esposti nella sale del museo compresi quelli – cominciando dalle punte delle gondole – che testimoniano gli stretti rapporti tra Venezia e Premana. La riproduzione di documenti antichi, testi di storia e di folclore, opere poetiche e narrative di autori premanesi, la raccolta di articoli e saggi sul paese, nonché di fotografie e di filmati, danno un significativo valore aggiunto alle collezioni museali alle quali fa da guida un’utilissima pubblicazione di Antonio Bellati dal significativo titolo «Le cose che ci parlano».

testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

 

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