A Regoledo incuriosisce un edificio molto lungo e stretto. Ne dà spiegazione l’ottocentesca Guida del Balbiani: «La riva di Gitana, era appena nominata dai barcajuoli, quando il Maglia diede vita alla sovrastante terra di Regoledo ponendovi un grandioso Stabilimento idroterapico al quale adesso fu aggiunta la comodità di potere salire con carrozza. Alto metri 427, di là si gode, sussidiati da ottimo cannocchiale, la più ampia estensione di lago, respirandovi una di quelle arie pure che il Mantegazza suole raccomandare in abbondante dose ne’ suoi preziosi almanacchi. Dirige lo stabilimento il dottor Carlo Zucchi, noto a tutti per la sua coltura e la sua abilità amministrativa, e vi è sempre presente il dott. Pio Marzorati, giovane medico, egregio per la sua dottrina e per la pratica che ha della tecnica idroterapica».

Quando lo svizzero George Leonhardi, nel 1862, scriveva Der Comersee und seine Umgebungen, il lago di Como e i suoi dintorni, la carrozzabile ancora non esisteva: si saliva a Regoledo per una stradicciola tra vigne, frutteti e piantagioni d’ogni genere, ma per 85 centesimi si poteva avere un asino. Lassù c’era «la casa di cura, aperta nel 1851, dal signor Maglia vicino alla sorgente termale Cornasca», ma, soggiungeva malizioso lo scrittore elvetico, «la salubrità dell’aria e lo stupendo paesaggio attirano più ospiti che non l’efficacia medicinale dell’acqua, particolarmente indicata nelle malattie infiammatorie e croniche».

In verità lo stabilimento termale di Regoledo ebbe ospiti illustri numerosi, da Cesare Cantù ad Antonio Stoppani, da Massimo d’Azeglio al Ponchielli, da Arturo Toscanini a padre Agostino Gemelli. Vi fu anche Ippolito Nievo, nel 1858, per due mesi che gli servirono per «ripulire» le Confessioni; e da Regoledo scriveva alla madre: «Qui siam alti sul lago, fa conto come il monte di Gemona; il sito somiglia a Fontanabuona quadruplicata. Ho una delle migliori stanze sulla facciata che prospetta Menaggio e la villa di d’Azeglio. Credo che vi starò bene anche se non fossi contento della cura».

In seguito, visto che le cure prestate erano sempre più apprezzate, fu costruita la funicolare che collegava la casa di cura direttamente con la stazione ferroviaria a lago. La funicolare funzionava con un processo semplice ma ingegnoso. Il tracciato veniva coperto da due cabine su binari che avevano un serbatoio nel quale veniva immessa dell’acqua per aumentarne il peso. Si realizzava pertanto che quando la cabina, posta alla sommità della funicolare, veniva caricata con l’acqua cominciava a scendere trascinando verso l’alto l’altra cabina, posta al piede dell’impianto, grazie ad un sistema di funi e carrucole. Giunte a metà percorso le due cabine venivano bloccate, i passeggeri trasbordati dall’una all’altra e l’acqua travasata da quella superiore a quella inferiore. A questo punto era la cabina inferiore che, diventata più pesante, trascinava verso l’alto l’altra completando il processo. L’intero tragitto veniva coperto in circa 8 minuti. La realizzazione dell’impianto fu ultimata nel 1903 ed il 6 settembre ci fu l’inaugurazione con il trasporto dei primi passeggeri.

Lo stabilimento idroterapico, dopo aver subito diversi passaggi di proprietà e diverse utilizzazioni, ora è di proprietà dell’Istituto Sacra Famiglia e viene utilizzato come centro per assistenza a persone diversamente abili.

testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

 

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