Paride Cattaneo della Torre, nella Descritione della Valsassina, ci conduce «alla cima dei Monti di Valsassina, dove si dice nella Colmine, qual confina con Taleggio, terra sottoposta al dominio di Milano. In detta Colmine vi sono diverse villette o siano ridutti et alloggiamenti di Pastori tenuti per pascer lor greggi. Ivi – afferma ancora – ad altro non attendono che a tenir conto de lor greggi, né altro si raccoglie che fieno et del redito delle sue bestie, del quale molto abbondano vivono quietamente. Questi hanno qui edificato una chiesuola dedicata a S. Pietro Apostolo, ricevendo qui li santi sacramenti et sepeliscono ivi li suoi morti, il tutto trattando il Curato di Cremeno, come ancor cura quelli di Maggio. Il nome della Villa, che risiede ivi contiguo a S. Pietro si chiama la Colmine, un’altra poco lontana Boldes si noma, poi in le Foppe, nelle Ripe, in Garda et in Prato di Giugno».

L’accenno del Cattaneo della Torre al Curato di Cremeno richiama a una controversia raccontata da Arsenio Mastalli nel quarto volume delle Memorie storiche della Diocesi di Milano. Moggio, staccatosi da Cremeno nel 1569 per suggerimento di San Carlo Borromeo, pretendeva di avere sotto la sua giurisdizione le terre di Colmine e di Mezzacca perché a Moggio pagavano «il focho» insieme a «tutte le taglie e angherie», e per altre otto ragioni elencate in un documento inviato in Curia. Poiché il curato di Cremeno non cedeva, gli uomini di Moggio per protesta gli negarono «la primitia et il latte di S. Vito», così che il Prevosto di Valsassina li scomunicò colpendo di interdetto la loro chiesa. Poi pagarono e furono assolti, avendo obbedito, col fiele in bocca, all’arcivescovo che aveva scritto personalmente: «Saranno perdonati li huomini di Moggio quando daranno al Curato di Cremeno quanto gli devono». La sentenza risolutiva dello stesso Carlo Borromeo arrivò cinque anni dopo l’inizio della vertenza: «Colmine e Mezzacca sono di Cremeno e restano di Cremeno».

testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

 

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