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Di Cortenova l’accademico partenio Paolo Emilio Parlaschino ci dice soltanto che è «memorabilis» per «nobilibus, peritis, divitisque Mornicis, atque egregio Poeta Viviano Gussallo». I Mornico, nobili, industri e ricchi, fiorivano in Cortenova già nel secolo XIII, come attesta Andrea Orlandi in «Le famiglie della Valsassina»; nell’oratorio di San Fermo si trova questa epigrafe: NOBILIS ET SACRA HOC / MORNICA FAMILIA SAXO / EXTINTA HAVD VIVIS / MORTVA LUCE NITET. Il Cattaneo Della Torre, dopo aver accennato alla chiesa dedicata ai Santi Protaso e Gervaso, «honestamente ornata de paramenti, pala et bone campane et altre cose necessarie», scrive che «in queta terra habitano assai della nobil famglia de Mornici, tra quali il nobile M. Paolo, che fu di M. Iacomo, che fu di M. Paolo, ottenne il principato. E’ costui – ci dice – homo generoso, civile, modesto, et liberale. Ha fatto fabricare una bella casa con sale, fontane, colombaje, casstte, orti, giardini, forni da ferro, focine, trafilere, seghe, molini, magli, majoli, ferrarole, folle, stalle, fenili, et tanti altri edificj et fabriche ha fatto fare, che longo saria chi il tutto raccontar volesse». E’ una testimonianza importante sul carattere industriale di questo borgo; anche negli atti di una visita pastorale di San Carlo troviamo un’indicazione in tal senso, che rivela un’immigrazione di lavoranti metallurgici: è nella «notta delli disordini» fornita dal curato, un Mornico, che si legge: «Gli son di quelli che al tempo delli divini offitii se ne stano ne le loro case giuochando a carte et atenendendo a crapule et simili, spetialmente in casa di certi chiodaroli berghamaschi che hanno tolto a fitto una casa». Arsenio Mastalli, che tratta delle visite del Borromeo in Valsassina nelle «Memorie storiche della Diocesi di Milano», afferma: «La voce “corte” significava un ampio podere con case e talora con castello e chiesa e anche curia o palazzo del sovrano o di chi ne faceva le veci e si icominciò a usare nel secolo IX. Forse il villaggio di “Curia nuova” ebbe origine in detto secolo». «Lei era Parroco – è l’inizio di una lettera di Antonio Stoppani a don Luigi Arrigoni curato di Cortenova – ed io ancora ragazzo, poi giovinottino e giovinotto, quando facevo le mie tappe pedestri in codesta sua e quasi mia valle nativa, dove m’invitavano dapprima mitia poma, castaneae molles et pressi copia lactis, poi, disturbatore eterno dei pacifici sassi, degli aspri fianchi delle montagne, rigurgitanti di minerali, di corali e di marine conchiglie, reliquie d’antichissimi mari, di cui ebbi da Lei medesimo le più ghiotte primizie». Questa lettera fu poi inserita in «La Valsassina e il territorio di Lecco» e quindi in appendice al «Bel Paese». E’ interessante la conferma che l’abate lecchese in Valsassina accese quella passione per la geologia che gli fece dire, nel «Sasso di Preguda»: «Affaticò i miei passi la pungente brama insaziata di strappar l’enigma del passato alle rupi…». Cortenova fu la base di molte sue escursioni: sulla facciata della casa nella quale a lungo alloggiò, lo ricorda Ettore Penasa in «Epistolario inedito di Antono Stoppani», gli abitanti del borgo collocarono una lapide: VOLGENDO GLI ANNI DAL 1850 AL 1860 / ANTONIO STOPPANI / SACERDOTE / INTENTO NELLO STUDIO GEOLOGICO / DELLE CIRCOSTANTI VALLI / ABITO’ QUESTA CASA / E QUIVI TRACCIAVA / IL PRIMO DEI SUOI PREZIOSI VOLUMI. E’ nel «Codice Atlantico» di Leonardo da Vinci che è contenuto il cenno: «3 miglia piulla sitruova liedifiti della vena delrame e dello arzento presso auna terra detta pra sancto petro e vene di fero e cose fantastiche». Paride Cattaneo Della Torre non dice molto di più, cioè che esiste «una villetta detta Prato Santo Pietro», aggiungendo soltanto che questo piccolo centro e Cortenova «sono molto più frigidi luoghi delli altri della valle per esser sottoposti al monte Grigna, assai questo gli nuoce. Imperocché gli asconde il sole, che poco o nulla sopra lor riluce, da che entra in Scorpione fin che si n’esce d’aquario». C’era a Prato San Pietro una secolare chiesetta dedicata a Maria Maddalena (è censita negli atti delle visite di San Carlo); è stata recentemente abbattura poiché se n’è costruita una nuova, «moderna», poco più in là: ma è rimasto in piedi il vecchio campaniletto, che si fa compagnia con la sua ombra.

testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

 

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