Dove incominciano le balze solatie del monte, un tempo coltivate a vigneti, sta in silente isolamento il villaggio di Dorio, guardando il lago dal quale in un lontano passato arrivarono i coloni greci mandati da Giulio Cesare. Qui i terreni alluvionali, cioè la pianura, sono ben poca cosa. Il vecchio villaggio quindi è tutto aggrappato alla ripida falda del monte, praticamente entro l’esiguo spazio inciso ai lati dalle vallette degli Asini e dei Mulini, e definito inferiormente da tre linee di barriera: il pelo dell’acqua lacustre in basso, la ferrovia in mezzo, la strada già statale appena sopra. Assai parchi sono stati nei confronti di Dorio gli scrittori e saggisti che, nei secoli scorsi, hanno raccontato i loro passaggi per le rive lariane o compilato guide: si vede che il luogo così umile non suscitava ispirazioni. È degno d’essere notato che Cesare Cantù nella sua ottocentesca Grande illustrazione del Lombardo-Veneto non abbia aggiunto una parola al nome del paese. Quando si entra nel tessuto caratteristico del vecchio centro, con i suoi violetti, le ripide scalinate, le piazzole in miniatura, nei giorni feriali non s’incontra quasi mai nessuno. Le vetuste case sono addossate l’una all’altra, talvolta imbellettate dai rifacimenti, sostanzialmente sobri. Non manca un certo colore e l’atmosfera finisce con l’essere gradevole.

testo a cura di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

 

Questo testo contribuisce al progetto Il paesaggio culturale alpino su Wikipedia ed è distribuito della Comunità Montana Valsassina Valvarrone Val d’Esino Riviera con Licenza Creative Commons Attribuzione – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale