Lo stretto legame tra le genti di queste vallate, il lago e le montagne.

Le montagne che milioni di anni fa cominciarono a sollevarsi dal piatto fondo dell’oceano Tetide, per lo scontro tra la «zolla» del continente africano e quella eurasiatica, e dalle cui sommità oggi lo sguardo domina tutt’intorno maestose vallate e, più in là, a nord le alte cime delle Alpi, a sud la vasta pianura fino a Milano e gli Appennini. Fino a dodicimila anni fa ricoperte da una spessa coltre di ghiaccio, oggi queste montagne, facendo da argine ai freddi venti del nord, concorrono al clima mitissimo del Lario dove regnano le essenze mediterranee dell’olivo, dell’alloro e del cipresso.

Senza l’intervento dell’uomo questo territorio sarebbe ricoperto di foreste e di paludi. Il paesaggio porta impressi, evidenti, i segni dell’uomo. Per scoprire i quali occorre fare come la primavera. La primavera è un po’ come un lento scalatore ed insieme ad essa sale verso la cima dei monti tutto ciò che sboccia e cresce. Quando nel fondovalle si è già compiuta la fioritura degli alberi da frutto, lungo i pendii delle vallate i prati cominciano appena a verdeggiare mentre sugli alpeggi, vicino alle ultime macchie di neve, sboccia il croco. Giorno dopo giorno la primavera sale verso le cime dei monti in questo «paese in verticale», raggiunge i pendii in ombra, i valichi e le gole con il proprio seguito, rappresentato da un esercito che diviene sempre più grande, di fiori e di piante.

testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

 

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