“Capitoli pel contratto d’appalto della somministrazione del pane e della minestra ai detenuti e condannati sani, e degli alimenti e medicinali ai detenuti e condannati ammalati, come pure della paglia, legne, candele, olio ed effetti diversi per servizio delle carceri e delle case di pena”

Che a Bellano ci fossero le carceri è, crediamo, cosa nota. Nell’800 il bel centro lacustre era sede di un distretto che comprendeva una trentina di comuni e oltre 30.000 abitanti, e di pretura. Era, quindi, il principale centro amministrativo e giudiziario dell’alto lago e la presenza delle carceri era un dato diciamo inevitabile. Certo, il concetto di carcere nell’800 era assai diverso da quello di oggi, si trattava di piccole strutture destinate, per la maggior parte, ad ospitare le persone in attesa di giudizio essendo la detenzione l’eccezione più che la norma nel sistema punitivo del tempo.
Resta il fatto che qualcuno, nelle carceri, ci stava e a volte anche per parecchio tempo.
L’archivio comunale di Bellano conserva un capitolato relativo al servizio di fornitura di generi alimentari e non ai detenuti, un documento di grande interesse perché, nella minuziosità della normativa da rispettare, è possibile riscontrare aspetti della vita quotidiana dell’epoca.
Suggeriamo la lettura integrale del documento e ci limitiamo ad alcune anticipazioni: in primo luogo, l’appaltatore doveva fornire, oltre ai generi alimentari, tutto quanto poteva essere utile alla vita nelle carceri, dalle posta ai bicchieri, dalle medicine al necessario per l’igiene personale, dalla paglia per i giacigli alla legna; inoltre prendeva possesso dei locali ad uso cucina, lavanderia e magazzino, dei quali si assumeva la cura. In generale i capitoli evidenziano la volontà di fornire alimenti sani e di buona qualità (viene indubbiamente da chiedersi se fuori di lì, i malcapitati reclusi erano soliti consumare questo genere di vivande…): per i detenuti sani era prevista una minestra di riso (pasta due volte alla settimana), fagioli e lardo, per quelli malati invece si introducevano pane bianco, carne cotta, uova, vino. Il capitolato indica i pesi in libbre, once e denari, le dimensioni dei pani, invece, in palmi, dita e atomi, tutte unità di misura di cui oggi si è perduta quasi del tutto nozione.
In generale, emerge la volontà di non aggiungere pena a pena, l’idea di non aumentare con privazioni eccessive la già importante privazione della libertà. Voltaire avrebbe detto che la civiltà di un Paese si giudica dalle sue prigioni, ebbene, il documento di Bellano ci mostra una situazione tutto sommato civile.
 

Materiale reperito negli Archivi Storici della Valle
a cura di Fabio Luini – archimedia scrl
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