La chiesa di Sant’Antonio Abate a Introzzo ha conservato, nonostante i molteplici rifacimenti e ingrandimenti successivi, una lunga porzione della parete di destra della navata, databile probabilmente al XV secolo, come risulterebbe confermato, all’esterno, da buona parte delle originarie tipiche fenestrature tamponate e, all’interno, oggi visibili a seguito di una caduta d’intonaci provocata da infiltrazioni di umidità, da discreti lacerti di affreschi, probabilmente coevi alle monofore, recanti anche dei caratteristici graffiti.

Aggiornano quanto qui riportato e scritto da Oleg Zastrow in L’oreficeria antica nelle parrocchie del lecchese (1981) le note di Andrea Spiriti nel capitoletto dedicato a Introzzo in Lario Orientale (1993) riportate qui di seguito.

L’edificio più rilevante è la chiesa di Sant’Antonio Abate, di probabile origine medioevale: citata come mal conservata nella visita pastorale di Gabriele Sforza nel 1455, descritta come tota picta in quella di San Carlo del 1566, venne ricostruita nel Settecento. Il semplice campanile è di tale periodo, mentre all’interno, riaffrescato all’inizio del nostro secolo, si segnala l’altar maggiore con tela seicentesca dall’interessante iconografia (Sant’Antonio Abate intercede presso la Madonna col Bambino per le anime purganti) e ornato marmoreo del secolo successivo. Il tesoro è confluito in gran parte in quello di San Martino a Sueglio, ma conserva ancora qualche oggetto dal Sei all’Ottocento. Settecenteschi, ma quasi illeggibili per lo stato di conservazione, appaiono gli ovali e gli altri dipinti alle pareti.

testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

 

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