Formato dall’erosione prodotta dalle acque del torrente Pioverna nei quindicimila anni dal ritiro dei ghiacciai, l’Orrido di Bellano, nonostante il trascorrere dei secoli e l’intervento dell’uomo, conserva ancor oggi il fascino di spettacolo naturale di impareggiabile suggestione.

Nei secoli XVI e XVII la famiglia bellanese dei Denti aveva costruito allo sbocco del Pioverna le proprie fucine per la lavorazione del ferro, estratto dalle miniere della retrostante Valsassina. Alessandro Cipriano Denti (secolo XVII) vi aveva edificato un proprio giardino con torre, piscine, e statue ornamentali. Anche lo scrittore e poeta bellanese Sigismondo Boldoni (1597-1630) aveva costruito giardini nei pressi dell’orrido bellanese, con un tempietto, ove si ritirava in ozi letterari, a comporre le proprie opere ed a preparare le lezioni di filosofia che teneva all’Università di Pavia. Gli incanti dell’orrido descritti dal Boldoni nel Larius (1617) e nelle opere pubblicate postume dal fratello Gio Nicolò, Epistolarum Liber (1651) e La caduta de’ Longobardi (1656), contribuirono alla fama di questo luogo. Rinomanza ripresa, a partire dalla fine del XVIII secolo, dalla Guida del Lago di Como dell’Amoretti (1794) ed a seguire dalle numerosissime guide stampate nel corso dell’Ottocento, tra le quali spicca quella del Bertolotti (1821). Alle guide si aggiunsero le altrettanto numerose stampe e vedute dell’orrido, edite anche da illustratori tedeschi ed inglesi, che ne diffusero la fama per tutta l’Europa dell’Ottocento.

Ai primi dell’Ottocento gli industriali Gavazzi aprirono un setificio allo sbocco dell’Orrido, per sfruttare le potenzialità delle forza motrice delle acque del Pioverna. Nel 1858, a seguito di imponenti lavori per la costruzione di gallerie e condotte forzate, finanziati dai Gavazzi, veniva aperto lo stabilimento Badoni per la lavorazione di lamiere di ferro, con tecnologie per allora d’avanguardia. Gli impianti industriali ex Gavazzi furono poi rilevati ed ampliati dai Cantoni, a partire dal 1868 fino ai primi anni ottanta del secolo successivo.

Nel 1998 il Comune di Bellano acquisiva l’area dell’Orrido e ne rilanciava l’immagine turistica, con il rifacimento delle passerelle aggrappate alle rocce ed installando un impianto di illuminazione che nelle ore serali rende l’ambiente particolarmente suggestivo.

Dalla piazza della chiesa, salendo una larga e breve scalinata a fianco della parrocchiale, si ariva all’entrata dell’Orrido, frequentato perché è ben attrezzato e molto attraente. Qui il torrente Pioverna, dopo aver attraversato la Valsassina in tutta la sua lunghezza, nonché la selvaggia gola della Val Muggiasca, termina in questo spettacolare orrido che è praticamente un susseguirsi di marmitte dei giganti di diversa grandezza e di chiara origine torrentizia, che son incanalate tra le pareti a picco di colore grigio scuro. Già all’inizio, dopo pochi passi, guardiamo dall’alto l’«imbuto» di una enorme marmitta dei giganti di oltre dieci metri di diametro, con pareti perfettamente levigate e scavate. Proseguendo si entra in uno stretto passaggio fra le pareti verticali fortemente modellate dalle acque. A questo punto anche un profano si rende conto che il torrente ha eroso, impiegando molte migliaia di anni, la profonda gola lavorando dall’alto verso il basso, scavando così il suo letto tortuoso e lisciando le rocce durissime che ostacolavano il suo corso. Nel cuore dell’Orrido il torrente Pioverna precipita in due imponenti cascate, da più di 60 metri di altezza. Una scala porta al versante orografico opposto del torrente e così si ha il piacere di osservare l’Orrido da una posizione più alta e veramente panoramica. Come detto, essendo la roccia durissima e quindi molto resistente ci si meraviglia dell’opera che il torrente ha compiuto durante la sua lunga esistenza. Ogni angolo è stato attaccato e man mano eliminato. Si osservano anche delle escavazioni arrotondate in alto, cioè a 15 metri dal greto, prova evidente che in origine il torrente scorreva in alto.

Per meglio comprendere la «nascita» dell’Orrido conviene rammentare che durante le glaciazioni del Quaternario, cioè nei periodi interglaciali, la soprastante Valsassina si trasformò in un bacino lacustre. Quando i ghiacci si sciolsero una enorme quantità d’acqua precipitò nella Val Muggiasca e nell’Orrido. Probabilmente il lago si svuotò alla fine attraverso aperture per riunirsi con quello di Como.

testo di ANGELO SALA
pubblicato sul sito www.valsassinacultura.it

 

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